Monumenti ed edifici storici-religiosi


Il castello e la torre

Il complesso bastionato occupa la sommità del colle di Santa Vittoria sin dal 1154, quando il papa Anastasio IV conferma il “castrum Sancte Victorie cum ecclesiis” alla chiesa di Asti.

È ragionevole pensare che già da prima la collina fosse fortificata; scavi archeologici effettuati all’interno delle mura, durante i lavori di ristrutturazione degli anni ‘80, hanno portato alla luce tracce di fortificazioni in legno, sicuramente precedenti.
La sua collocazione strategica e le alterne vicende lo videro conteso per molto tempo tra i comuni di Alba e di Asti, a cominciare dal 1207, quando Alba decise di “edificare et costruere turrim et palaciu et forteciam…”.
La cosa non piacque all’abate di Breme, che coinvolse nuovamente Asti nella contesa; la questione si protrasse sino al punto che, circa vent’anni dopo (1228), all’interno delle mura coesistevano due castelli, uno dei Piloso e l’altro degli Albesi.
Continue scaramucce da ambo le parti non fecero altro che arrecare danni alle strutture.

Ciò che è giunto ai giorni nostri è la testimonianza delle strutture di quel periodo; confronti formali avvenuti con la torre di Santo Stefano Roero (1217), prima della sua recente scomparsa, dimostrano che quella di Santa Vittoria è una verosimile rappresentazione di quel periodo storico, pur non direttamente collegabile alla struttura residenziale del castrum per l’assenza di conferme documentali.

Sul finire del XIV secolo, il castello passa ai Visconti di Milano. Un loro capitano, Antonio Porro, sopraeleva la torre e potenzia le mura con l’aggiunta di un poderoso torrione o rivellino, sul lato di ponente; la presenza del “magister Michelinus de Ast, inzignerius”, tra gli uomini che nel 1381 giurano fedeltà al capitano visconteo, farebbe pensare che in quel periodo il castello fosse soggetto a restauri.
Che quest’ultimo fosse la sede di una guarnigione armata lo dimostrano documenti del XV e XVI secolo, in cui si legge che lo stesso era difeso da 22 fanti ed alcuni cani, protetto da ponti levatoi e “rastelli revolventis sicut rote” (1445) e si relaziona sulla consistenza dell’armamento disponibile, tra cui pezzi d’artiglieria, moschetti, balestre e borgognotte (1590).

Il 1700 lo vede proprietà dei Caisotti, ora come prigione per 200 soldati francesi (1706), ora come semplice residenza, “con fabriche che si ritrovano in parte rovinate… et inhabitabili” ( 1730).

La fine del secolo (1799) vede il passaggio di proprietà all’Ospedale maggiore di San Giovanni B. di Torino, dal quale l’acquista re Carlo Alberto.

Ora, di proprietà privata, è sede di un importante complesso turistico alberghiero, polo di attrazione per molti turisti, che scelgono il Roero o le Langhe come meta delle loro vacanze.

La torre campanaria

Il campanile o “il ciuchè”, per dirla nell’accezione locale del termine, è posto sulla cima del colle, poco più in basso del castello, sull’ angolo meridionale della “villa”, sul dirupo che domina la valle del fiume Tanaro. Databile tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, rivestiva sicuramente una funzione di controllo strategico per quel settore non visibile dalla torre del castello.

Di pianta quadrata, orientata diagonalmente secondo gli assi cartesiani, si erge per circa 20 metri creando, con la torre ed il castello, l'inconfondibile sky-line di Santa Vittoria, riconoscibile da diversi chilometri di distanza.

Si presenta con caratteristiche architettoniche romaniche, con la facciata di sud-est (quella del portale d'ingresso) più articolata rispetto alle altre; le due coppie di archi ciechi, al di sopra del portone, ospitano tre finestre e l'antica meridiana ormai consunta.

Sulla facciata che guarda il castello, delimitato da una doppia cornice in laterizi, trova posto l’orologio.

La cella campanaria, caratterizzata da quattro aperture laterali, contiene le tre campane.

Documenti d'archivio lo citano spesso come punto di incontro e ritrovo per la stipula di contratti o presa d'atto di importanti decisioni per la comunità.

Una relazione diocesana del 1742 riporta che il campanile era alto circa 6 trabucchi, con cinque piani e scale di mattoni; solo il piano terreno era normalmente accessibile " per avere libero il suono delle campane in accidente di fuoco e di latroneccio"

Ancora oggi fa sentire le sua voce per il rintocco delle ore e per annunciare le funzioni liturgiche; il giorno del Corpus Domini, durante la tradizionale processione per la vie del paese, viene solennemente suonata la “gaudietta” chiamata nella parlata locale la “baud-tta”.

La parrocchiale dell’Assunta

La chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta (1703) si presenta con aula a pianta rettangolare di una sola navata, con portale di accesso in asse e cappelle votive laterali.

Il presbitero é quadrangolare e separato dalla navata da ciò che resta dell’originale balaustra in Bardiglio; ospita l’Altare Maggiore del SS. Sacramento in marmo bianco intarsiato ed il coro ligneo, retrostante, di pregevole fattura.

Altri sei altari ornano le cappelle citate e sono dedicati rispettivamente da destra (in senso orario) alla Madonna del Rosario, S. Anna, SS. Crocifisso (già del Suffragio, poi S. Rocco e Sebastiano), Battistero, S. Luigi (già S. Francesco), Sacro Cuore (già Madonna del Carmine).

Pregevoli pitture coprono la volta e le lunette di testata e di fondo; furono eseguite dal pittore monregalese Andrea Vinay, intorno al 1870.
Le decorazioni e gli ornati sono di Vincenzo Odello detto “Cellini”.

Degna di nota è la tela raffigurante Maria Vergine Assunta, che campeggia sulla parete di fondo sopra l'altar maggiore, attribuita all'Aliberti, canellese, dipinto acquistato a Garessio nel 1878 dall'allora parroco reggente Don Giovanni Sicca.

Grande interesse artistico suscita la pala della cappella della Madonna del Rosario, opera attribuita alla cerchia del Macrino da Alba (pittore di cui si hanno notizie dal 1495 al 1513); restaurata negli anni sessanta, proviene dalla confraternita di S. Francesco e raffigura la Madonna col Bambino tra due angeli, S. Francesco, Santa Vittoria (nella foto).
Sulla fascia sottostante sono raffigurati i quattro Evangelisti.

Sulla tribuna in legno laccato e decorato trova posto l'organo, strumento dei F.lli Vittino di Centallo, restaurato per mano di Francesco Vegezzi Bossi nel 1922 e nel 1974.

Lavori minori, ma pur degni di nota, sono le tele e le decorazioni tematiche murali delle cappelle, la Via Crucis (1922), l'altorilievo del battistero (1925) e l'affresco esterno della facciata, raffigurante la Vergine Assunta , opera di Adele Finati dell'inizio del secolo scorso.

La sacrestia lignea del XVIII secolo, ospitata nei locali attigui alla chiesa, si presenta nel suo antico splendore dopo l'intervento di restauro eseguito in occasione del trecentenario della consacrazione; il "minusiè" locale, Renato Rittà, ha restaurato gli arredi lignei e ricostruito gli originali pannelli scolpiti, trafugati all'inizio degli anni settanta; lo stesso mastro falegname ha ristrutturato (2005) i pregevoli stalli del coro (XVIII secolo) elevati a titolo di monumento nazionale, che da anni necessitavano di interventi di recupero.


Cronologia dei principali lavori ed eventi riguardanti la Chiesa
1677
Bolla vescovile e determina comunale per la costruzione di una nuova chiesa.
1687
Inizio lavori ed acquisto calcina da parte del Comune, sotto la direzione del mastro G. Battista Finale. ( Parroco Don Pietro Antonio Cagna).
1699
Taglio alberi per le travature, provvista e condotta materiali.
1700
Disposizione di una taglia per pagare i “mastri da muro”.
1702
Si provvede alla Sacrestia
1703
Si dispone per la porta, gli altari le stuccature e le sculture.
1703
Alli 7 del mese di Ottobre, giorno della festa della Madonna del Rosario, viene consacrata la nuova chiesa.
1742
Relazione della diocesi vi elenca sei altari, Maggiore, del Rosario, del Carmine, di S.Anna, di San Francesco e del Suffragio.
1744
La visita Felissano registra l’altare di San Rocco e Sebastiano in luogo di quello del Suffragio.
1760
La visita del vescovo San Martino attesta che l’altare di cui sopra ha preso il nome del SS. Crocifisso.
1779
La chiesa viene affrescata.
1818
Ampliamento sacrestia e locali attigui.
1826
Ricostruzione gradinata Altar Maggiore ed aperture finestre.
1840
Costruzione del pozzo pubblico attiguo alla chiesa
1842
Si riedifica la facciata su progetto dell’ing. Francesco Gallo.
1876
Inizio lavori di restauro ed abbellimento ( Parroco Don Sicca).
1878
Posa in opera del quadro dell’Assunta e decorazioni interni per mano di Andrea Vinay.
1880
Acquisto nuovo Altar Maggiore dal Vescovo di Alessandria.
1883
Ristrutturazione organo per mano dei F.lli Vittino di Centallo
1888
Conclusione lavori di restauro con una spesa di £. 19.714 di cui 11.926 di oblazioni spontanee a fronte di un preventivo di 5.174.
1890
Costruzione altari di S. Luigi e S. Anna.
1905
Si ristruttura la facciata della chiesa.
1906
Vengono collocate in facciata le statue del Cuore di Gesù e di San Giuseppe.
1909
Adele Finati dipinge nell’affresco esterno di facciata l’ Assunta.
1922
Viene costruita la balaustra ed i gradini degli altari laterali in marmo bardiglio.
1922
Viene eretta la nuova Via Crucis benedetta per mano di Mons. Francesco Re.
1922
L’ organo viene ristrutturato da Francesco Vegezzi Bossi.
1923
Le cappelle prossime al presbitero vengono decorate da Adele Finati.
1924
Vengono sistemate le vetrate istoriate "cotte a gran fuoco" alle finestre.
1925
Si colloca nella cappella del battisterio il bassorilievo del battesimo di Gesù.
1926
Viene costruito l’Altare del Crocifisso con una spesa di £. 8.693.
1930
Don Giuseppe Rossello benedice con gran solennità le campane
1938
Viene sopraelevato il campanile ad opera del capo mastro Maurizio Sartore.
1953
Per il 250° anniversario viene restaurato l’organo ed il coperto.
1959
La pala del Macrino viene consegnata alla Soprintendenza per il restauro.
1967
Viene realizzato l’impianto di riscaldamento ad aria calda.
1971
Dodici anni dopo, il dipinto del Macrino viene finalmente restituito restaurato.
1971
Vengono eseguiti lavori al pavimento del presbiterio e all’ intonaco esterno.
1974
Si provvede alla sistemazione della cappella invernale
1976
Si elettrifica l’organo con spostamento della consolle in presbitero.
1977
Viene ripassato il tetto e la facciata.
1994
Diciassette anni dopo viene nuovamente ripassato il coperto e rifatto quello della sacrestia.
2000
La fine del XX secolo vede l’inizio dei lavori di restauro della sacrestia e dei locali adiacenti da anni in deplorevole degrado, con intervento di recupero sugli arredi lignei e dell’ impianto di illuminazione
2003
Il 26 del mese di Ottobre viene solennemente festeggiato il 300° anniversario della consacrazione della nostra chiesa.
2005
Viene messa mano alla zona del coro bisognosa di intervento per salvaguardare i preziosi stalli lignei.
2007
Dopo un attento recupero, ad opera del mastro falegname locale Renato Rittà, il coro viene rimontato, dopo aver risanato le pareti ed il pavimento.
2008
…tanto rimane da fare!


Parroci di Santa Vittoria
1303
“ il presbiter Henricus è rector e minister”
1588 - 1616
Simone OPERTO
1616 - 1621
Pietro CAGNA, Alfieri
1621 - 1623
Lorenzo ROSSETTO
1623 - 1623
Giovanni PENANZIO
1623 - 1628
Giovanni Roberto RENATO
1628 - 1634
Giovanni BARACCO
1635 - 1641
Giulio Cesare RAMELLO
1641 - 1644
Giovanni Giacomo GAIA
1644 - 1658
Giovanni Battista ODERIO
1659 - 1694
Manfredo CAGNA
1695 - 1716
Antonio Pietro CAGNA
1716 - 1722
Antonio MARELLO
1723 - 1745
Giovanni Battista LEONE
1745 - 1776
Antonio GALLINA
1777 - 1818
Giovanni Antonio LANFRANCO
1818 - 1830
Pietro Antonio CAVALLO
1830 - 1865
Francesco VILLARE
1866 - 1903
Giovanni SICCA
1904 - 1932
Giuseppe ROSSELLO
1933 - 1973
Domenico MAROLO
1973 - 1985
Giuseppe TOPPINO
1985 - 2008
Ezio PASQUERO (Parroco emerito)
2008 - 2008
Carlo FRANCO (Amministratore Parrocchiale)
2008 - ……
Agostino GARABELLO

La confraternita di San Francesco

Quella che è oggi conosciuta come chiesa di San Francesco nasce da tempo immemorabile come casa civile, assunta poi a sede della confraternita“sancti spiritus de sancta uitoria”; se ne ha testimonianza in un legato testamentario dell’anno 1225 a favore dell’istituzione, raccolto in un registrum compilato nel 1441 dall’allora priore Odino Capello.
Era situata super porta solani, ovvero sopra la porta che conduceva alla villa, e la poderosa torre che ne occupa l’angolo Sud-Est ne era forse il baluardo difensivo; documenti dell’epoca riportano questa collocazione aggiungendo che essa era utilizzata pro reponendo de feno, il cui affitto veniva pagato in natura con vino o prestazioni d’opera per la confraternita.

Non si hanno notizie documentali relative al cambio di intitolazione a favore del Santo Francesco di Assisi; il primo documento certo che ne riporta la nuova attribuzione è la patente del vescovo astigiano Scipione Rotario che, in data 1 Marzo 1535, non solo approva i privilegi già concessi alla confraternita, ma concede il nullaosta a trasformare l'oratorio in vera e propria chiesa.

L'edificio racchiude un prezioso ciclo di affreschi raffigurante scene della passione del Cristo che si sviluppa per oltre 34 metri su tre lati della navata, databili intorno alla metà dell'anno ''500, di autore sconosciuto.

L’altare in stucco, più tardo, presentava fino alla metà del secolo scorso una pregevole pala attribuita alla scuola del Macrino, poi restaurata ed ora conservata nella parrocchiale.

L’interessamento dell’amministrazione comunale, che ha acquisito il comodato d’uso dell’edificio, ha fatto si che si provvedesse ad un importante intervento di recupero delle strutture e degli affreschi, da poco concluso.
 

La chiesa di San Rocco

Poco distante dall’oratorio di San Francesco si trova la chiesa di San Rocco ricostruita nel 1792 sullo stesso sito che ospitava la vecchia parrocchiale di Santa Maria, rimasta tale fino al 1703, anno in cui venne consacrata l’attuale chiesa della Beata Vergine Assunta.

Nel sito a lato era presente un piccolo cimitero, rimasto in funzione almeno fino al 1835; non per nulla è identificata nella parlata locale come “chiesa dei morti”.

Di ridotte dimensioni, si presenta come un unico locale rettangolare, voltato a lunette, sobriamente decorato con fregi, con un altare in mattoni affisso al muro, peraltro in precarie condizioni.

Gli ultimi lavori di restauro avvenuti anni fa hanno contemplato il solo ripasso del tetto.

Al momento è in disuso.
 

La parrocchia di Santa Paola in Cinzano

Sul registro parrocchiale di Santa Vittoria d. Giuseppe Rossello, parroco all'epoca, annotava la sera del 24 maggio 1914:

"La Chiesa di S. Paola Romana, situata nei possedimenti della Ditta Cinzano -regione Moscatello- edificata a spese del Comm. Alberto Marone, proprietario della Ditta Cinzano, fu benedetta il giorno 24 maggio 1914, da S. Ecc. Mons. G. Francesco Re, vescovo di alba. La prima Messa fu celebrata da padre Candido, Guardiano dei Cappuccini di Bra".

Questa registrazione costituisce l'atto di nascita della Chiesa di S. Paola. Circa cinquant'anni prima, in regione Moscatello, che i Santavittoriesi chiamavano “La Piana”, si era installata la Cinzano.

Dall'archivio della Curia di Alba risulta che la frazione Moscatello all'inizio del secolo contava 250 abitanti, tra dipendenti della Cinzano e famigliari che risiedevano nell'interno delle stabilimento, nella "Casa Rossa", nelle case vicine alla ditta, nel gruppo dell'albergo, nella Palazzina impiegati; altre 70 persone non dipendenti abitavano nelle case esistenti nella piana.

Le chiese più vicine erano le Parrocchiali di Santa e di Pollenzo, entrambe abbastanza lontane e scomode da raggiungere con i mezzi di allora.

Si avvertiva quindi la necessita di una chiesa "in loco" per assicurare un adeguato servizio religioso.

Fu così che, nel 1913, la Direzione dello Stabilimento, su proposta del Presidente, Comm. Alberto Marone e della consorte, Donna Paola, decise la costruzione della nuova chiesa nella borgata.
Con la Chiesa furono pure benedette le tre campane dedicate a S. Lidia, S. Alberto e S. Paola.

Con il passare degli anni l'edificio si arricchisce di opere d'arte.

Nel 1949 il pittore Politi decora l'abside della Chiesa con un suggestivo affresco.

In esso domina la figura del Cristo Risorto a cui idealmente convergono i severi personaggi (tra cui Santa Paola, lieve e quasi diafana nel ungo abito bianco, e il suo maestro San Girolamo, dal volto rude e angoloso di asceta) che animano il paesaggio sottostante.

Sei vetrate artisticamente istoriate, collocate nel 1954, fanno da coronamento all'affresco dell'abside, e donano alla chiesa un'atmosfera di raccoglimento.

In esse sono raffigurati i Santi protettori della famiglia Cinzano-Marone e del paese: sulla parete sinistra, entrando, S. Francesco, S. Alberto, S. Enrico; sulla parete destra S. Vittoria, S. Lidia e S. Cristina.

In occasione del cinquantesimo anniversario di fondazione (1964) la Cinzano fa dono
di una nuova Via Crucis, modellata dallo scultore milanese Federico Quattrini che, con un complicato sistema di cottura, sovrappone alla ceramica oro zecchino. Nella stessa ricorrenza un artistico Crocefisso del '600, scolpito in legno, e donato dal Conte Enrico Marone e dalla Principessa Lidia Sempre in quell'anno, su proposta del Rettore d. Agostino Dallorto, la popolazione dona alla Chiesa le statue del Sacro Cuore di Gesù e dell'Immacolata, (opera in ceramica di Federico Quattrini ), e una nuova campana in sostituzione di quella dedicata a S. Paola, sbrecciata nella parte inferiore.

Cenni storici a cura di Maria Assunta Piovano

Il turriglio

Giungendo da ponente, prima di entrare nell’ abitato della Fraz. Cinzano, lasciata la strada statale per salire sul colle di Santa Vittoria, non si può fare a meno di notare sulla destra i resti di una importante struttura muraria che va sotto il nome de “ il Turriglio”.

Di pianta circolare su basamento quadrato, la costruzione è posta all’interno di un ampio spazio quadrangolare, delimitato da un muro di cinta in pietrame con tessitura ad “opus incertum” ed è caratterizzata da una serie di anelli sovrapposti in ciottoli di fiume, alternati a conci in laterizio; ciò che rimane della parte sommitale, un tempo ben più elevata, come dimostrano rilievi dell’ inizio ‘800 (Arch. Carlo Randoni, 1807- da G. Franchi Pont, 1809) si presenta con quattro edicole semicircolari circoscritte nell’anello più alto.

Il complesso è datato intorno al I sec.a.C. e si collocava all’incrocio di importanti vie (stratae) di comunicazione: quella di Valdispinzo, da Asti a Pollenzo e quella da Alba alla pianura cuneese del Po, in margine alla piana del Tanaro.
Ben più incerta è la sua destinazione originaria; scavi archeologici condotti alla fine degli anni cinquanta hanno riportato alla luce, all’ interno del recinto, tumulazioni preromane e reperti che dimostrerebbero la frequentazione della zona sin dal neolitico.

Alcuni studiosi lo identificano come edicola funeraria o tempio circolare consacrato ad una non meglio precisata Musa, ma la versione più consolidata parrebbe essere quella che lo vuole come monumento celebrativo della vittoria di Roma ottenuta da Gaio Mario contro i Cimbri e i Teutoni (101 a.C.) e che segnò l’inizio della romanizzazione dell’intera zona.

Il sito è visibile dalla strada provinciale.

La cascina e la cappella di Sant'Ambrogio

Il complesso rurale si colloca sul versante collinare che guarda Monticello, in Località Lussi, a lato di un antico percorso che in età romana collegava Asti con Pollenzo, attraverso l’insediamento scomparso di Anphorianum e l’attuale Valdispinzo.

Inserita tra ordinati vigneti ed un poco defilata dietro un filare di alberi, si presenta come una importante struttura agricola che, fondando le sue radici nella romanità, attraversa il tempo per giungere fino a noi con le spiccate caratteristiche ottocentesche della ristrutturazione carloalbertina (1838-1843).
La cascina è caratterizzata da archi inflessi carenati che si ripetono sia sulle arcate dei porticati che sulle aperture più piccole; il medesimo motivo si ritrova sull’ala di ponente che ingloba la cappella.

A quest’ultima, di forma quadrangolare e voltata, si accede attraverso una piccola porta sovrastata da una finestra circolare; sono scomparse quasi del tutto le decorazioni della volta ottocentesche, rifatte a metà del secolo scorso.
Sulla parete di fronte è sistemato l’altare in stucco con il quadro di S. Ambrogio vescovo.

Particolare interesse hanno suscitato i ritrovamenti archeologici emersi durante i lavori di rifacimento del pavimento (2004), che hanno messo in luce i resti di strutture murarie riconducibili ad un antico edificio di culto; databili in epoca preromanica, essi definiscono un’abside principale, orientata, di seguito ampliata con l’aggiunta di due apsidiole laterali, delle quali lo scavo evidenzia la più meridionale.
La struttura muraria è tuttora visibile al di sotto del nuovo pavimento in grigliato metallico (2005).

Una interessante pubblicazione fresca di stampa (1), voluta per ricordare i 100 anni di proprietà e la figura di don Gino Corino sacerdote, qui nato, traccia la storia e le vicende di questo importante complesso in Santa Vittoria, tra sede di culto e dimora rurale.

(1) - Per la collana “ Spazi sacri nel Roero” – CASCINA E CAPPELLA DI S. AMBROGIO – Ed. Astisio – Associazione artistico culturale del Roero.



La cappella del Valentino

Quella che in zona è conosciuta come tale, è una piccola chiesetta dedicata alla Madonna Addolorata, situata al Passo del Vescovo, sulla strada che dall’abitato di Macellai di Pocapaglia, porta a Monticello.

E’ un edificio di ridotte dimensioni, absidato, con pareti in mattoni, caratterizzato da una semplice facciata in laterizio con frontone e paraste; sopra il portone d’ingresso e le due piccole finestre laterali, incorniciato da un fregio semicircolare in cotto, spicca un dipinto della vergine (recente).

La campana del piccolo campanile a vela riporta la data del 1614, anche se non ci è dato di sapere se questa sia la sua collocazione originaria; la cappella è citata in diverse visite vescovili del 1700, dalle quali risulta che “ quod materiale bene se habet”.

E’ stata restaurata, con vistosi interventi, alcuni lustri addietro, come recita un altrettanto evidente lapide sul retro.

Pur essendo in territorio di Santa Vittoria (al confine con il comune di Pocapaglia) ricade sotto la giurisdizione della parrocchia della Madonna del Buon Consiglio della Fraz. Macellai che l’ha in uso e ne cura la manutenzione.
 

I piloni

Il pilone Santa Vittoria

Salendo la strada provinciale da ponente, prima di scollinare nella valletta di Valdispinzo si incontra, sulla destra, un pilone dedicato a Santa Vittoria; oggi si presenta con la veste neoclassica dell’ultima ricostruzione avvenuta, come recita una vistosa targa sul frontone, nel 1915 a ricordo della protezione della santa in occasione della prima guerra mondiale ( Beneficiorum memores pro civuim incolumitate Divae Victoriae V. et M . oppidani Anno MCMXV.)
Si tratta di un’ edicola a pianta semiottagonale; due pilastri tondi incorniciano l’apertura a tutto sesto mentre, al di sopra della cornice perimetrale, un piccolo colonnato cieco sorregge il frontone con la croce.
All’ interno, protetti da un cancello in ferro, trovano posto numerosi ex voto.
Riscontri documentali e vecchie mappe (1208 e 1779) riportano che, sul posto, già esisteva un pilone “ad crucem Sancte Victorie” creduto il luogo del martirio della santa.
La cura del manufatto e la sua manutenzione spicciola, peraltro sempre impeccabile, è gestita dagli abitanti della zona.

Il pilone della Valle
Percorrendo la Valle di Spinzo in direzione della piazza del Borgo S.Antonio, si trova sulla destra un piccolo pilone che passa per lo più inosservato si presenta a base circolare con tre lunette circoscritte e tettuccio conico in lamiera.
Notizie d’archivio, raccolte negli anni 1840 dal sacerdote santavittoriese Domenico Fornarese, lo danno ricostruito “con tre faccie tonde quando in prima ne erano quattro”; tracce dell’ esistenza di una struttura precedente emergono da una vecchia mappa del 1746, dove compare in loco, una piccola costruzione denominata pilone d’Arduino.
L’attuale fu decorato dal pittore cheraschese Belisio e consegnato l’ 8 di ottobre dell’ anno 1847.
Sempre nello stesso documento viene riportato che “ una mano malefica, forse in odio del parroco, sconciò particolarmente il Christo”.
Dei tre dipinti, visibili fino a qualche anno fa e raffiguranti la deposizione dalla Croce, San Giovanni in vincoli e San Giuseppe protettore di Santa Madre Chiesa, rimane la sola memoria fotografica riportata a fianco.
L’edicola, restaurata negli anni novanta nella sua struttura architettonica, conserva pochissimo delle tracce pittoriche originali.

Il pilone "del pin"
Si trova sul bricco che domina la Frazione Lussi, a sinistra della strada per Monticello e prende il nome da un antico pino chi vi si trovava fin dagli inizi degli anni Novanta. Di semplice fattura, si presenta con la classica struttura in mattoni, nicchia semicircolare a tutto sesto con copertura a due falde in coppi, sormontata da una croce di ferro; la nicchia ospita una piccola statuetta della Vergine con il Bambino, in stucco policromo. Pur essendo di proprietà privata, il pilone rimane punto di riferimento importante per la popolazione, che ne ha fatto e continua a farne meta di amene passeggiate.
Viene costruito intorno agli anni ’20 da Clemente Cornaglia, originario di Monticello, il quale, trasferitosi a Santa Vittoria, intende porre sé stesso, la sua famiglia e l’annata agricola, sotto la protezione della Madonna. Il bricco già é sormontato da un enorme antico pino (Pinus sylvestris) che la tradizione popolare vuole piantato da Napoleone stesso o quanto meno dispensatore di fresche ombre per l’imperatore d’oltralpe. D’intorno, il colle è ammantato di vigneti che producono uve eccezionali: dorata Favorita nella zona più alta e sabbiosa, da vendere a cesti sul mercato di Alba; robusta Barbera e Nebbiolo più sotto ove il terreno diventa marnoso. Clemente può assolvere ai debiti contratti ed in ringraziamento costruisce il pilone votivo.
L’antico albero che lo sovrasta invecchia inesorabilmente e si ammala sino a seccare, diventando motivo di preoccupazione della Famiglia Cornaglia che non sa come abbatterlo senza provocare danni ai vigneti in piena produzione. All’inizio degli anni novanta ci pensa un temporale notturno a sradicare l’enorme pianta e riversarla sui filari che, miracolosamente, non subiscono il benché minimo danno.
Oggi, un altro giovane arbusto cresce al suo stesso posto e presto tornerà ad ombreggiare e a proteggere quel pilone voluto da “Nonno Clemente” che i pronipoti hanno voluto ricordare intitolandogli un vino d’annata che prende il nome di IMEVEI
(I miei Vecchi) ed una poesia che compare sull’etichetta.
I miei vecchi
se ne stanno accoccolati
nell’ultimo sole
dell’autunno,
come corvi
su pali di vigne ormai inaridite.
Spiriti di avi
dimenticati,
aspettano l’imprevisto,
un qualcosa che muti,
la tranquillità apparente.
Un falco alto nel cielo,
o la morte,
dagli occhi chiari,
che venga a rapirli.
Gianni Cornaglia


Le fontane

Anticamente, Santa Vittoria d’Alba annoverava sul suo territorio numerose fonti e fontane della cui presenza noi troviamo traccia attraverso i documenti d’archivio o nei toponimi locali rimasti, come “bosco di Fontana Lupa, Fontanelle, Fontana Empia (Ampia)”.
Alcune di esse erano semplici polle d’acqua sorgiva, raccolte per lo più in pozze naturali del terreno, per l’abbeveraggio degli armenti (… occorre levare la terra che cade nella fontana del Monte (1600-ac50), altre con struttura muraria vera e propria; le uniche che hanno resistito all’incuria e alle mutate condizioni ambientali sono proprio queste ultime.

La fontana Genevraj
La più grande è situata in zona “Genevraj” a metà della salita che conduce dalla piana al Borgo S.Antonio.
È di forma quadrangolare con copertura in pietra di lucerna (insolita per i nostri luoghi) a guisa di tettoia aperta sui quatto lati; l’acqua che sgorga tutto l’anno è raccolta, a sfioro, in un tino in pietra.
Più volte rimaneggiata e giunta fino a noi con la veste ottocentesca, è conosciuta come “fontana Genevraj” o più familiarmente “la fontana”; fonti documentali la fanno risalire al 1321, allora ai confini con Pollenzo.
In passato, era utilizzata come ricovero saltuario di carovane di zingari; con la sua copertura a scagliepare abbia ispirato Robert Crichton l’autore de “Il segreto di Santa Vittoria”, ricordandogli la fontana a forma di tartaruga citata nel suo libro.

La fontana di Valle Spinzo
La seconda ed ultima rimasta è quella situata sul versante Nord della Valle Spinzo, a lato dalla strada.
Di fattura molto più semplice, si presenta con un parete controterra in mattoni a vista, a foggia di frontone, a cui si appoggia un lavatoio in pietra;
il catasto del 1449 la colloca in un
…arativo di Pittarello ad Puteum Valis Spinsi”.
  

Bibliografia

W. Accigliaro e B. Molino (a cura di) Cascina e Cappella di S. Ambrogio, Bra 2007

P. Barale, Il Codice della “Victoria”, Borgo San Dalmazzo 2007

B. Ciliento e A. Guerrini (a cura di), Tesori del Marchesato Paleologo, Savigliano 2003
E.Lusso ed E. Panero, Un viaggio in Piemonte - Il territorio tra Santa Vittoria, Pollenzo, Cherasco e La Morra dall'antichità alla prima età moderna, La Morra 2006

B. Molino, Repertorio storico delle parrocchie e parrocchiali nella Diocesi di Alba, Bra 2001

B. Molino, ROERO Repertorio degli edifici religiosi e civili d'interesse storico esistenti e scomparsi, degli insediamenti, dei siti, delle testimonianze archeologiche, Savigliano 1984

B. Molino, ROERO Repertorio Storico, Bra 2005

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